La lussureggiante natura della Sardegna ha permesso alla popolazione isolana di creare, nel corso dei secoli, delle specialità enogastronomiche dal sapore unico. In molti hanno provato a replicare prodotti come il pane carasau, il pecorino e il prosciutto di pecora; il risultato è sempre stato prevedibilmente disastroso. Questo perché ci sono prodotti che vanno creati ed assaporati nella loro terra natia, dove per generazioni si è tramandata la ricetta, e dove la terra non ha bisogno di aiuti da parte dell’uomo per far nascere le basi per delle vere e proprie eccellenze enogastronomiche. Ai suddetti prodotti tipici, è doveroso aggiungere quello che è unanimemente riconosciuto come una bandiera vera e propria della Sardegna: il liquore di Mirto.

IL MIRTO TRA MITO E LEGGENDA

Diffusissimo arbusto della macchia mediterranea, il mirto è presente in vastissime zone della Sardegna, tanto vaste da essere una pianta considerata alla stregua di un’infestante. Una pianta di mirto può superare anche il secolo di vita, e durante la stessa produrre milioni di profumatissime bacche.
Il suo nome deriva dal greco “myrtos“, ovvero “essenza profumata”; la mitologia greca ci fornisce anche una motivazione supplementare all’etimologia del nome: in una gara ginnica, la splendida Myrsine batté un coetaneo, che per gelosia la uccise. Atena, Dea delle arti e della guerra, impietosita dalla fine della fanciulla, la trasformò in un profumatissimo arbusto dalle bacche bianche.
Oggi, la varietà più chiara del mirto è anche la più difficile da trovare, mentre quella dalle bacche violacee è la più diffusa ed utilizzata anche per il liquore.

LA RICETTA SEGRETA

Come detto, la ricetta dell’aromatico distillato sardo è tramandata da generazioni ed è custodita gelosamente dalle donne isolane, che pare la condividano in modo volutamente errato a chi chieda lumi in merito. Ci sono tuttavia dei passaggi che sono noti, e chi volesse cimentarsi nella produzione del liquore troverebbe online molte varianti della ricetta originale. Ciò che è certo, è che venga utilizzato alcol a 95°, bacche lavate, foglie della pianta, zucchero (o miele) e acqua. Le proporzioni dipendono anche e soprattutto dal gusto di chi produce la bevanda, ma a fare la differenza sono i tempi di infusione delle bacche nell’alcol, i contenitori utilizzati, ed il luogo di conservazione del prodotto non ancora pronto al consumo. Questi piccoli dettagli, che ai più sembreranno insignificanti, modificano il gusto dell’infuso da dolce ad amarostico, la gradazione alcolica e la nota tannica tipica della bacca.

LE PROPRIETÀ BENEFICHE DEL MIRTO

I più, preferiscono sorseggiare il mirto a fine pasto, magari accompagnandolo con dei pardulas o dei papassini, dolci tipici regionali che ogni visitatore dell’isola finisce con il portare a casa come ricordo della vacanza. Tuttavia, sono sempre di più i sostenitori del mirto come aperitivo, e qualcuno lo accompagna anche alle carni rosse e ai formaggi, immancabili ingredienti della cucina tipica sarda.
Ciò che mette tutti d’accordo, sono le proprietà aromatiche ed officinali, oltre che antinfiammatorie, digestive e antisettiche possedute dal mirto.
Sin dai tempi dell’Impero Romano, il mirto veniva utilizzato in casi di problemi digestivi, di infezioni delle vie urinarie e perfino in caso di affezioni delle vie respiratorie, date le risapute proprietà balsamiche. Al mirto sono riconosciute anche doti afrodisiache, e pare che la stessa Venere, uscita nuda dall’acqua, si sia coperta con dei rami di mirto.
Secondo la credenza popolare, infine, chiunque tocchi la pianta di mirto viene magicamente folgorato da una travolgente nuova passione.

Non sappiamo se la credenza sia vera, ma il liquore di mirto è effettivamente riuscito in una magica impresa: mettere l’essenza della Sardegna in una bottiglia.